la trottola di Sebastiano Rizza
giochi con oggetto
Sebastiano Rizza, Giochi e giocattoli fra sacro e profano
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... Inizierò questo breve excursus nei giochi fanciulleschi conosciuti a Pignola con la trottola, un giocattolo e un gioco tanto antico che, come afferma Gabriele Rosa, appare già «nei dipinti egiziaci di 3500 anni si vede praticato allora colà il gioco della trottola collo scuriadino» (nota 4 Gabriele Rosa, Dialetti, costumi e tradizione delle provincie di Bergamo e di Brescia, Bergamo, Tipografia Mazzoleni,1855, p. 106. )
Di ampia diffusione non solo nel cosiddetto mondo civilizzato ma anche fra i popoli primitivi, risulta alquanto articolato come dimostra il fatto che, soprattutto in alcuni dialetti, la terminologia per indicare i vari tipi di trottola e le figure del gioco è molto produttiva.
Non presso tutti i popoli il gioco della trottola ha la medesima funzione ed è bene precisare con Alfonso di Nola che esso «acquista significati differenti in singoli contesti religiosi» (nota 5 Alfonso M. di Nola, Enciclopedia delle Religioni, 6 voll., Firenze, Vallecchi, vol. II, 238.)
Infatti, se fra i popoli primitivi coltivatori giocare alla trottola, in specifici pe-riodi dell’anno, non è certamente per puro divertimento e ha lo scopo preci-puo di aiutare la natura nella sua funzione vitale, che è quella di dispensare alla comunità un buon raccolto, in altri contesti socio-culturali come i nostri, se ne è svuotato completamente o quasi. Un riflesso dell’antica funzione cultuale è, per esempio, possibile ravvisarlo in quei luoghi in cui il gioco viene praticato solo in alcuni e ben determinati periodi dell’anno.
Che cos’è la trottola è ben noto a tutti, ma ci piace conoscerla attraverso quel sapore di vetustà e l’autorevolezza del più classico dei vocabolari italiani, la cui prima edizione, dopo undici anni di lavoro, risale al 1612, il Vocabolario degli Accademici della Crusca, che così la definisce: «Strumento di legno di figura piramidale, entrovi un ferruzzo, col quale strumento i fanciulli giuo-cano, faccendol girare con una cordicella avvoltagli intorno: da alcuni detto in lat. trochus: molti, impropriamente, e senza autorità, gli dicono, turbo, che val proprio, un legnetto pur di forma piramidale, ma senza ferro, che i fanciulli chiaman fattore, e ’l fanno girar con isferza. Dante, e altri antichi, il dis-ser paléo. […] Il suo girare ineguale, e saltellando, si dice BARBERARE». Quanto alla sua etimologia non c’è concordanza di vedute e la denominazione viene ora spiegata con il francone trottôn, che significa “camminare”, e ora con la sovrapposizione di trottare con rotolare.
A Pignola la trottola è chiamata tanto strummëlë che strumbëlë, derivanti dallo stesso etimo greco strómbos, di ugual significato, attraverso la forma diminutiva strómbylon. Il coesistere della duplice forma (ambedue corrette) non trova facile spiegazione, ma è probabile che la variante strumbëlë sia d’importazione da un dialetto in cui il nesso -mb- si è conservato intatto.
Nella Grecia antica il rhombos, detto turbo dai romani, aveva la forma di una ruota a quattro raggi che si faceva girare a colpi di frusta. Più che un semplice giocattolo, era considerato uno strumento magico a cui ricorrevano le donne per attirare a sé l’uomo amato. In italiano passò col nome di palèo ma venne privato dai suoi attributi.
Il potere divinatorio di cui talvolta la trottola era investita ha propaggini che si sono estese fino ai nostri giorni, anche se in forma molto attenuata e sotto le spoglie di semplice gioco. Ne sono prova, ovviamente volgare, le trot-toline con impressi sui tre lati 1 X 2 che servivano a compilare le schedine del Totocalcio lasciando fare alla fortuna.
Questo aspetto, in maniera più marcata, lo troviamo, nell’800, in seno all’organizzazione camorristica, presso la quale le sorti di chi doveva commettere un assassinio venivano appunto affidate alla trottola. «Si ricorre a ’o strummolo quando si vuole stabilire chi di una comitiva deve commettere un assassinio - scriveva il criminologo napoletano Abele de Blasio in Usi e costumi dei camorristi-; ed allora i nostri malviventi si recano alla calata d’’o sole dalla fattucchiera, che ordina a’ convenuti di disporsi intorno ad una tavola; poi prende ’o strummolo e gl’imprime, colla destra, un movimento di rotazione. Se la trottola gira con vigore, è indizio che si riuscirà nell’impresa e il de-signato sarà colui presso il quale ’o strummolo va a fermarsi» (nota 6 - Abele de Blasio, Usi e costumi dei camorristi, Napoli, Torre Editrice, 1993 [1897], pp. 162-163).
Agli ebrei il gioco della trottola ricorda, invece, uno dei tanti momenti tragici della loro esistenza. È associato alla reinaugurazione del tempio di Gerusalemme che era stato profanato dagli assiri, ovvero festa di Hanukah. Detta anche dei lumi da una leggenda talmudica, ambientata durante la dominazione greca e poi romana, secondo la quale quando i Maccabei entrarono nel tempio, trovarono una sola ampolla d’olio con il sigillo del sommo sa-cerdote con olio sufficiente per tenere accesa la Menorah (candelabro) per un solo giorno. Ma accadde un miracolo: l’olio bruciò per otto giorni.
Sempre riguardo alla trottola scrive il Rabbino François Garai: «Quando lo studio della Torah era proibito, gli studenti concepirono la trottola come sotterfugio per dissimulare le loro attività di studio. […] La trottola ha quattro facce sulle quali sono riportate le seguenti lettere: Nun (si prende la posta), Ghimel (si rimette la puntata), He (si prende la metà della posta) e Shin (non si prende nulla e non si perde nulla). Queste lettere sono le iniziali delle parole che in ebraico formano la frase: ness gadol haya sham (un grande prodigio passò là)»(nota 7 - http://www.e-brei.net/articoli/attcul/ebraismi/liberal/a4.htm.
Da quanto descritto fin qui risulta rilevante l’importanza che l’uomo ha per secoli attribuito alla trottola e l’uso che ne ha fatto per compiere le sue pratiche magiche e religiose. Nel girare della trottola deve aver percepito, inconsciamente, il rotare stesso del pianeta che lo ospita, lo nutre e che lui da sempre ha cercato di influenzare e modificare
(nota 8 - Alcuni nomi dialettali della trottola: triest. zurlo; friul. pirli; bresc. pirlo; piem. sotola; mil. zottola, birlo; cremasco birla; gen. ziàrdua; bol. préla; ferr. pis; abr. strómmele, stumbre; rom. pìccolo, picchio; sardo marrocula, barduffola (cat. baldufa); nap. strùmmulë; pugl. nzacàg-ghie; sal. cazzatedda, ruddu; cal. carruócciulu, firrialoru; sic. tupp(i)ettu, strummula; corso bussò, fru(cu)lu.
Per la ricchezza di denominazioni in sal., cal. e sic., si rimanda rispettivamente a: Ger-hard Rohlfs, Vocabolario dei dialetti salentini (Terra d’Otranto), voll. 3, Galatina, Congedo, 1976; Gerhard Rohlfs, Nuovo Dizionario Dialettale della Calabria, Ravenna, Longo, 1982; Vocabolario siciliano, vol. I (A-E) a cura di Giorgio Piccitto, vol. II (F-M) vol. III (N-Q) vol. IV (R-Sg) a cura di Giovanni Tropea, vol. V (Si-Z) a cura di Salvatore C. Trovato, Palermo, 1977-2002. )
Sebastiano Rizza, Giochi e giocattoli fra sacro e profano
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